Le torbiere sono aree ricche di piante palustri, perennemente ricoperte da uno strato d’acqua. La presenza dell’acqua fa sì che l’ossigeno a livello del suolo sia praticamente assente: in queste condizioni l’attività degli organismi decompositori è fortemente compromessa.
I resti delle piante che cadono sul terreno non vengono più degradati e si accumulano; questi residui si evolvono lentamente, andando a formare, col tempo, uno strato di torba.
La torba si presenta come una massa spugnosa, bruna o nera, molto ricca di acqua, nella quale sono ancora riconoscibili resti di piante, frammenti legnosi, sostanze fangose, ecc.
Al suo interno si possono rinvenire anche dei pollini fossili il cui studio permette in alcuni casi di ricostruire la storia della vegetazione circostante e le variazioni climatiche avvenute nel corso dei millenni.

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Nella foto: un campo di torba che viene tagliata per essere essiccata, in Irlanda.
Gli ambienti di torbiera sono largamente diffusi nell’Europa settentrionale e Atlantica, mentre in Italia sono sporadici, soprattutto per cause climatiche e, in secondo luogo, per l’attività dell’uomo.
Infatti, in molti casi le torbiere sono state drenate per conquistare spazio alle aree da sfalcio o da pascolo. La torba, assieme a lignite, antracite e litantrace, è un combustibile fossile, ricercato e sfruttato fin dai tempi più antichi.
Oggi le torbiere sono in gran parte abbandonate, soprattutto per gli alti costi dell’essiccamento; attualmente la torba viene impiegata in campo florovivaistico.

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